storia del tenugui
Storia del tenugui
dal sito animeclick.it
Se nel periodo Nara (710-794) i tessuti in generale erano considerati molto preziosi, tanto da non essere diffusi presso la popolazione, fu nel periodo Heian (794-1192) che iniziò ad apparire questo pezzo di stoffa chiamato tenugui, usato come accessorio nei rituali Shinto.
Ma fu solo a partire dal periodo Kamakura (1192-1333) che esso divenne via via più popolare, grazie alla maggiore disponibilità di tessuti sia di importazione che locali e quando nel periodo Edo (1592-1868) si diffuse anche in Giappone la coltivazione del cotone, il tenugui potè diventare davvero comune nella vita quotidiana. E fu sempre durante questo periodo che si iniziò a valutarne anche il fattore estetico e quindi il valore artistico.
Con concorsi denominati Tenugui Awase, furono premiati i pezzi presentati da artigiani e artisti con le loro decorazioni ed i loro disegni originali e ciò contribuì enormemente allo sviluppo di nuove tecniche di tintura e stampa dei tessuti, rendendo possibile rappresentare diversi colori, modelli dettagliati e bellissime immagini come paesaggi, animali selvatici o persone, tanto che i pezzi migliori perdettero la loro funzione di semplice asciugamano, per diventare pezzi decorativi da appendere alle pareti per essere ammirati.
Nell’era Meiji (1868-1912) poi si diffuse una tecnica di tintura a stencil chiamata Chusen, la cui caratteristica principale era quella di riuscire a creare diverse sfumature e ombreggiature a seconda dell’umidità ambientale e delle altre condizioni in cui il processo veniva eseguito e quindi ogni tenugui, pur se con lo stesso disegno di un altro, diventava un pezzo unico con una sua propria caratteristica cromatica. Insomma non potevano più essercene due uguali.
E se è inevitabile che i colori del tenugui sbiadiscano, questa è però un’altra caratteristica che ne accentua l’unicità, così come il fatto che ad ogni lavaggio diventi più morbido e più soffice al tatto, rendendone più apprezzabile la trama. Tutto questo ha fatto si che la tecnica Chusen abbia sorpassato tutte le altre nella produzione dei tenugui.
Caratteristiche e usi principali
Il materiale di partenza è una pezza di cotone della larghezza di circa 34 cm, tagliata ad una lunghezza di circa 90 cm. Il tessuto è poi candeggiato e sbiancato, in modo da essere pronto per la successiva tintura; inoltre questo trattamento fa sì che il tenugui risulti facile da pulire perché non attrae la polvere, si asciuga facilmente e basta sciacquarlo per rimuovere le tracce di sporco.
Per fare in modo che mantenga le sue caratteristiche il più a lungo possibile, è opportuno lavarlo in acqua fredda o appena tiepida, senza usare nessun tipo di detergente. Lo si sciacqua semplicemente, senza metterlo assieme ad altri capi e lo si mette ad asciugare subito dopo, avendo cura di stenderlo per bene in modo da eliminare eventuali piegature.
Oltre che come accessorio nella vita di tutti i giorni, il tenugui ha anche altri usi spesso legati alle arti tradizionali giapponesi.
Portato alla moda nel ‘700 dagli attori del teatro Kabuki, il suo uso si è esteso anche ai lottatori di sumo e alle imprese commerciali che adornano le stoffe con i loro nomi, immagini, loghi o Kamon cioè lo stemma di famiglia; in questo modo spesso i tenugui recanti le informazioni del proprietario vanno a sostituire i meishi (i biglietti da visita) oppure diventano veri e propri veicoli pubblicitari.
Sono anche un accessorio molto importante per gli attori che recitano i monologhi comici del teatro rakugo: con un po’ di fantasia possono essere usati per rappresentare simbolicamente portafogli o lettere o qualunque cosa serva all’abile attore e, in pratica, servono agli artisti per detergersi il sudore dal viso.
Sono usati durante i matsuri estivi come copricapi o cinture dai partecipanti e sono uno strumento indispensabile per i praticanti di Kendo. Infatti il tenugui è indossato secondo precisi schemi di piegatura sotto la maschera protettiva e serve per evitare che il sudore possa colare sugli occhi impedendo la vista.
E’ molto importante che non appaia ‘accartocciato’ ma sempre ben disteso sul capo, altrimenti potrebbe essere visto come un gesto di maleducazione da alcuni maestri anziani.
A volte poi rappresentano il dojo di appartenenza, oppure sono ornati con frasi tipo “Ganbatte!” (coraggio!!) per incoraggiare gli atleti.
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