19 Feb

Oltre il Conflitto: l’Incontro di Paola con l’Aikido

Paola fissava l’orologio appeso sopra la cattedra. Le lancette sembravano incollate, come se il tempo stesso si rifiutasse di scorrere. L’ultimo rintocco della campanella era l’unica cosa che desiderava. Solo altri dieci minuti e quella mattinata infinita sarebbe finalmente terminata.

Quando il professore annunciò che sarebbero andati in palestra per una “lezione speciale di aikidō,” Paola sbuffò tra sé. Un’altra perdita di tempo. Forse, però, sarebbe riuscita a nascondersi in qualche angolo e a scorrere i video sul telefono senza che nessuno lo notasse.

Mentre attraversavano il cortile, Paola guardò gli altri studenti. Qualcuno sembrava vagamente interessato, altri erano annoiati quanto lei. “Che ci andiamo a fare su un tatami?” pensò con una smorfia. “Queste cose sono per i bambini o per gli esaltati.”

La palestra era stata trasformata: morbidi tatami ricoprivano il pavimento, creando uno spazio ordinato e pulito. Al centro, un uomo sulla cinquantina li aspettava in seduto sui talloni, con la schiena dritta e gli occhi chiusi. Si percepiva un silenzio strano, quasi sacro. Paola si sentì a disagio, come se avesse varcato la soglia di un mondo diverso.

L’uomo aprì gli occhi e li salutò con un sorriso. “Io sono Nicola, e oggi faremo un po’ di aikidō insieme.” La sua voce era calma, senza traccia di autorità o superiorità. Non c’era quella tensione che Paola sentiva sempre in classe o a casa.

“Allora, cos’è questo aikidō?” borbottò un compagno in fondo al gruppo. Il maestro rispose senza esitazione: “L’aikidō è l’arte di armonizzare il conflitto. Qui non ci sono avversari, solo compagni di allenamento.”

Paola alzò un sopracciglio. Niente avversari? Allora che senso aveva? Non disse nulla, ma la diffidenza le si dipinse sul volto.

Iniziarono con alcune respirazioni, un pò di stretching, poi movimenti semplici del corpo, seguiti da esercizi per cadere senza farsi male. Paola si mosse goffamente, irrigidita dall’imbarazzo. Si sentiva osservata, giudicata. Aveva paura di fare una figuraccia. Ma Nicola passava tra di loro con pazienza, mostrando come rilassare il corpo, come lasciare che la caduta diventasse un rotolare naturale.

Poi venne il momento delle tecniche. Nicola mostrò un movimento fluido, elegante, che trasformava un attacco in un vortice controllato. Non c’era violenza, solo armonia. Paola lo osservò incredula. Come faceva a muoversi così? Sembrava danzare, senza mai opporsi alla forza dell’altro. “Non contrastate il movimento,” spiegava. “Accoglietelo e lasciatelo scorrere.”

“Proviamo insieme,” disse Nicola, scegliendo Paola come partner. Quando la prese per il polso, Paola istintivamente si irrigidì. Era abituata a reagire con forza, a combattere contro ogni cosa, ogni giorno: a casa, per farsi ascoltare; a scuola, per non farsi mettere i piedi in testa. E nel quartiere, a Tor Bella Monaca, dove mostrarsi deboli significava diventare una facile preda.

Nicola sorrise. “Rilassati. Non sto cercando di farti del male. Segui solo il movimento.” La sua presa era salda ma gentile, un paradosso che sconcertò Paola. Provò a resistere, ma sentì il proprio equilibrio svanire come sabbia tra le dita. In un attimo si ritrovò a terra, senza capire come ci fosse finita. Si alzò, arrossendo. Gli altri stavano ridendo? No. Erano troppo concentrati a provare la tecnica per fare caso a lei.

Ripeterono l’esercizio più volte. Ogni volta Paola capiva qualcosa di nuovo: la forza non serviva, bastava ascoltare il movimento. C’era qualcosa di ipnotico in quel fluire continuo. Si sorprese a sorridere quando finalmente riuscì a eseguire la tecnica senza opporre resistenza. Per un istante, sentì una leggerezza sconosciuta.

Quando la lezione terminò, Nicola li invitò a sedersi in cerchio. “L’aikido non è solo una serie di tecniche,” spiegò. “È un modo di affrontare i conflitti senza violenza, trovando un equilibrio. Nella vita, come sul tatami.”

Paola rimase in silenzio, ma quelle parole la colpirono come un’onda improvvisa. A casa, i conflitti non avevano mai equilibrio. Era tutto un gridare, un sopraffarsi. A scuola, le cose non andavano meglio, e nel quartiere era ancora peggio. Eppure, su quel tatami, per la prima volta, aveva sentito di potersi muovere senza combattere. Di poter esistere senza opporsi.

Uscì dalla palestra con un misto di stupore e leggerezza. Fuori, il grigiore dei palazzi di Tor Bella Monaca sembrava meno opprimente. L’eco delle parole di Nicola la accompagnò per tutto il tragitto verso casa.

Forse avrebbe partecipato anche alla prossima lezione. Forse, dopotutto, c’era un altro modo di affrontare la vita.


foto di gruppo: Il Maestro Marco La Pera con alcuni dei ragazzi che hanno partecipato alle lezioni di aikidō. Istituto Pertini Falcone, Febbraio 2025

Questo racconto è stato ispirato dal ciclo di lezioni di aikidō che ho tenuto presso l’Istituto Pertini Falcone, in occasione della settimana di co-gestione dal 14 al 18 febbraio 2025. Ho accolto l’invito con grande entusiasmo, consapevole dell’importanza di portare verosimilmente per la prima volta i valori dell’aikidō a ragazzi in una fascia di età (14 – 18 anni) e in un contesto significativo.

Nelle grandi palestre dell’istituto ho incontrato ragazzi curiosi, attenti e  interessati a comprendere l’essenza di questa disciplina.

Le lezioni cominciavano con il saluto formale seguito da brevi tecniche di respirazione e concentrazione, per poi passare alla pratica dell’aikidō. Le tecniche proposte erano un veicolo per trasmettere il concetto che esse non sono solo un metodo efficace di difesa personale, ma soprattutto un modo per imparare a mantenere un equilibrio psico-fisico anche in una dinamica di conflitto.

Sono rimasto profondamente colpito dall’attenzione e dall’apertura con cui i ragazzi e le ragazze hanno accolto questi concetti. I commenti di alcuni di loro a fine lezione hanno ispirato questo breve racconto, che dedico a tutti i ragazzi che stanno attraversando un momento difficile.

In un quartiere che affronta le sfide tipiche delle periferie delle grandi città, l’aikidō può rappresentare un’opportunità di crescita personale e una via per esplorare soluzioni non violente ai conflitti quotidiani.

Sono sicuro che progetti simili sarebbero accolti con lo stesso interesse in altre scuole superiori.

Un sincero ringraziamento all’Istituto Pertini Falcone per l’accoglienza e ai ragazzi per l’entusiasmo dimostrato.

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