Seminario Sabato 22/02/2025
Sabato 22 Febbraio 2025 si terrà un seminario con i seguenti orari:
10:30 – 12:30
14:00 – 16:00
E’ necessario venire con le armi.
Per info: 3335239318
Sabato 22 Febbraio 2025 si terrà un seminario con i seguenti orari:
10:30 – 12:30
14:00 – 16:00
E’ necessario venire con le armi.
Per info: 3335239318
Paola fissava l’orologio appeso sopra la cattedra. Le lancette sembravano incollate, come se il tempo stesso si rifiutasse di scorrere. L’ultimo rintocco della campanella era l’unica cosa che desiderava. Solo altri dieci minuti e quella mattinata infinita sarebbe finalmente terminata.
Quando il professore annunciò che sarebbero andati in palestra per una “lezione speciale di aikidō,” Paola sbuffò tra sé. Un’altra perdita di tempo. Forse, però, sarebbe riuscita a nascondersi in qualche angolo e a scorrere i video sul telefono senza che nessuno lo notasse.
Mentre attraversavano il cortile, Paola guardò gli altri studenti. Qualcuno sembrava vagamente interessato, altri erano annoiati quanto lei. “Che ci andiamo a fare su un tatami?” pensò con una smorfia. “Queste cose sono per i bambini o per gli esaltati.”
La palestra era stata trasformata: morbidi tatami ricoprivano il pavimento, creando uno spazio ordinato e pulito. Al centro, un uomo sulla cinquantina li aspettava in seduto sui talloni, con la schiena dritta e gli occhi chiusi. Si percepiva un silenzio strano, quasi sacro. Paola si sentì a disagio, come se avesse varcato la soglia di un mondo diverso.
L’uomo aprì gli occhi e li salutò con un sorriso. “Io sono Nicola, e oggi faremo un po’ di aikidō insieme.” La sua voce era calma, senza traccia di autorità o superiorità. Non c’era quella tensione che Paola sentiva sempre in classe o a casa.
“Allora, cos’è questo aikidō?” borbottò un compagno in fondo al gruppo. Il maestro rispose senza esitazione: “L’aikidō è l’arte di armonizzare il conflitto. Qui non ci sono avversari, solo compagni di allenamento.”
Paola alzò un sopracciglio. Niente avversari? Allora che senso aveva? Non disse nulla, ma la diffidenza le si dipinse sul volto.
Iniziarono con alcune respirazioni, un pò di stretching, poi movimenti semplici del corpo, seguiti da esercizi per cadere senza farsi male. Paola si mosse goffamente, irrigidita dall’imbarazzo. Si sentiva osservata, giudicata. Aveva paura di fare una figuraccia. Ma Nicola passava tra di loro con pazienza, mostrando come rilassare il corpo, come lasciare che la caduta diventasse un rotolare naturale.
Poi venne il momento delle tecniche. Nicola mostrò un movimento fluido, elegante, che trasformava un attacco in un vortice controllato. Non c’era violenza, solo armonia. Paola lo osservò incredula. Come faceva a muoversi così? Sembrava danzare, senza mai opporsi alla forza dell’altro. “Non contrastate il movimento,” spiegava. “Accoglietelo e lasciatelo scorrere.”
“Proviamo insieme,” disse Nicola, scegliendo Paola come partner. Quando la prese per il polso, Paola istintivamente si irrigidì. Era abituata a reagire con forza, a combattere contro ogni cosa, ogni giorno: a casa, per farsi ascoltare; a scuola, per non farsi mettere i piedi in testa. E nel quartiere, a Tor Bella Monaca, dove mostrarsi deboli significava diventare una facile preda.
Nicola sorrise. “Rilassati. Non sto cercando di farti del male. Segui solo il movimento.” La sua presa era salda ma gentile, un paradosso che sconcertò Paola. Provò a resistere, ma sentì il proprio equilibrio svanire come sabbia tra le dita. In un attimo si ritrovò a terra, senza capire come ci fosse finita. Si alzò, arrossendo. Gli altri stavano ridendo? No. Erano troppo concentrati a provare la tecnica per fare caso a lei.
Ripeterono l’esercizio più volte. Ogni volta Paola capiva qualcosa di nuovo: la forza non serviva, bastava ascoltare il movimento. C’era qualcosa di ipnotico in quel fluire continuo. Si sorprese a sorridere quando finalmente riuscì a eseguire la tecnica senza opporre resistenza. Per un istante, sentì una leggerezza sconosciuta.
Quando la lezione terminò, Nicola li invitò a sedersi in cerchio. “L’aikido non è solo una serie di tecniche,” spiegò. “È un modo di affrontare i conflitti senza violenza, trovando un equilibrio. Nella vita, come sul tatami.”
Paola rimase in silenzio, ma quelle parole la colpirono come un’onda improvvisa. A casa, i conflitti non avevano mai equilibrio. Era tutto un gridare, un sopraffarsi. A scuola, le cose non andavano meglio, e nel quartiere era ancora peggio. Eppure, su quel tatami, per la prima volta, aveva sentito di potersi muovere senza combattere. Di poter esistere senza opporsi.
Uscì dalla palestra con un misto di stupore e leggerezza. Fuori, il grigiore dei palazzi di Tor Bella Monaca sembrava meno opprimente. L’eco delle parole di Nicola la accompagnò per tutto il tragitto verso casa.
Forse avrebbe partecipato anche alla prossima lezione. Forse, dopotutto, c’era un altro modo di affrontare la vita.
Questo racconto è stato ispirato dal ciclo di lezioni di aikidō che ho tenuto presso l’Istituto Pertini Falcone, in occasione della settimana di co-gestione dal 14 al 18 febbraio 2025. Ho accolto l’invito con grande entusiasmo, consapevole dell’importanza di portare verosimilmente per la prima volta i valori dell’aikidō a ragazzi in una fascia di età (14 – 18 anni) e in un contesto significativo.
Nelle grandi palestre dell’istituto ho incontrato ragazzi curiosi, attenti e interessati a comprendere l’essenza di questa disciplina.
Le lezioni cominciavano con il saluto formale seguito da brevi tecniche di respirazione e concentrazione, per poi passare alla pratica dell’aikidō. Le tecniche proposte erano un veicolo per trasmettere il concetto che esse non sono solo un metodo efficace di difesa personale, ma soprattutto un modo per imparare a mantenere un equilibrio psico-fisico anche in una dinamica di conflitto.
Sono rimasto profondamente colpito dall’attenzione e dall’apertura con cui i ragazzi e le ragazze hanno accolto questi concetti. I commenti di alcuni di loro a fine lezione hanno ispirato questo breve racconto, che dedico a tutti i ragazzi che stanno attraversando un momento difficile.
In un quartiere che affronta le sfide tipiche delle periferie delle grandi città, l’aikidō può rappresentare un’opportunità di crescita personale e una via per esplorare soluzioni non violente ai conflitti quotidiani.
Sono sicuro che progetti simili sarebbero accolti con lo stesso interesse in altre scuole superiori.
Un sincero ringraziamento all’Istituto Pertini Falcone per l’accoglienza e ai ragazzi per l’entusiasmo dimostrato.
In Giappone, all’inizio di febbraio si celebra una festa tradizionale chiamata Setsubun (節分), che segna la fine dell’inverno secondo l’antico calendario lunare e l’inizio della primavera (Risshun, 立春). Questa ricorrenza, pur non essendo un giorno festivo nazionale, è molto sentita e viene celebrata in tutto il paese con rituali che hanno lo scopo di allontanare la sfortuna e attirare la buona sorte.
Il rito più caratteristico del Setsubun è il mamemaki (豆撒き), il lancio dei fagioli di soia tostati. Questo gesto simbolico serve per scacciare gli spiriti maligni (oni, 鬼) e purificare la casa. Tradizionalmente, il capofamiglia o un membro della famiglia indossa una maschera da oni, mentre gli altri gli lanciano i fagioli gridando:
“Oni wa soto! Fuku wa uchi!” (鬼は外! 福は内!)
che significa “Fuori i demoni! Dentro la fortuna!”. Dopo il lancio, si usa mangiare tanti fagioli quanti sono gli anni compiuti, più uno, per assicurarsi salute e prosperità nell’anno a venire.
Un’altra tradizione del Setsubun è mangiare un rotolo di sushi speciale chiamato ehōmaki (恵方巻), il “rotolo della direzione propizia”. Questo sushi lungo e non tagliato va mangiato in silenzio, esprimendo un desiderio e rivolgendosi verso la ehō (恵方), la direzione considerata fortunata per quell’anno secondo l’astrologia giapponese.
Molti templi e santuari in Giappone organizzano cerimonie di mamemaki su larga scala, spesso con la partecipazione di personalità pubbliche e monaci. Il Tempio Sensō-ji a Tokyo e il Santuario Yoshida a Kyoto sono tra i luoghi più famosi per queste celebrazioni, con grandi folle che si radunano per ricevere fagioli benedetti lanciati dai sacerdoti.
Il Setsubun non è solo un evento folcloristico, ma un momento di transizione e rinnovamento. L’idea di espellere le energie negative e accogliere quelle positive è un concetto presente anche in molte arti marziali tradizionali giapponesi, incluso l’aikidō.
Un macron è un segno diacritico ( ¯ ) posizionato sopra una vocale, utilizzato principalmente per indicare la lunghezza della vocale.
Sapere come digitare su PC i caratteri con il macron è importante principalmente per la corretta traslitterazione dei termini giapponesi. Il sistema Hepburn di romanizzazione del giapponese infatti prevede l’uso del macron (マクロン, makuron) per le vocali lunghe. I caratteri con macron (ad esempio, ō o ū) possono cambiare il significato delle parole.
Ad esempio:
dōjō (道場) significa “luogo della via” ed è diverso da per esempio da “dojō” (土壌), che significa “suolo, terra, terreno”.
kōtsū (交通) significa “traffico”, mentre kotsu (骨) significa “osso” (in uso figurato anche “trucco, abilità nascosta”), e così via.
Di fatto la cosa si complica ulteriormente perché le variabili possono essere numerose se pensiamo che per esempio “dojō” con la prima vocale corta potrebbe riferirsi a vari altri termini oltre a “suolo” a seconda dei kanji , ma per il momento semplifichiamo.
Digitare le vocali dei caratteri macron può essere una sfida se non si ha familiarità con i vari metodi disponibili. Le vocali macron sono usate in molte lingue, oltre al giapponese, per indicare un suono vocalico lungo. In questa guida, esploreremo diversi modi per digitare le vocali macron su vari dispositivi e sistemi operativi.
Per digitare le vocali macron su Windows, puoi utilizzare le seguenti scorciatoie da tastiera:
N.B. Il tasto Alt va tenuto premuto mentre si digitano i codici numerici
Digitare le vocali macron su un Mac è semplice: tenete premuta la vocale, apparirà una lista pop-up, digitare il numero corrispondente alla vocale con macron desiderata.
La mappa dei caratteri è uno strumento utile per inserire le vocali macron. Segui questi passaggi:
Il Visore Tastiera su Mac ti consente di inserire facilmente le vocali macron:
N.B.: Se non vedi il menu Tastiera nella barra dei menu, seleziona menu Apple > Impostazioni di Sistema, quindi fai clic su Tastiera nella barra laterale. Potrebbe essere necessario scorrere verso il basso. Vai su “Immetti testo”, sulla destra, fai clic su Modifica, quindi attiva “Mostra menu Tastiera nella barra dei menu”.
L’input Unicode è un metodo universale che funziona su varie piattaforme. Ecco alcuni esempi (Windows):
La digitazione delle vocali macron sui dispositivi mobili può essere eseguita utilizzando semplici passaggi:
Unicode | Hex | Unicode | hex | ||
Ā | U+0100 | Ā | ā | U+0101 | ā |
Ē | U+0112 | Ē | ē | U+0113 | ē |
Ī | U+012A | Ī | ī | U+012B | ī |
Ō | U+014C | Ō | ō | U+014D | ō |
Ū | U+016A | Ū | ū | U+016B | ū |
Sebbene sia preferibile utilizzare il macron per rispettare la corretta traslitterazione, è ancora comune vedere testi senza macron, anche in contesti ufficiali o accademici (e anche in vecchi articoli sul nostro sito). Questo accade per motivi pratici, come la difficoltà di digitare i caratteri con macron su tastiere standard. Inoltre, altri articoli o documenti potrebbero essere stati redatti senza macron per semplicità o per adattarsi a lettori che non sono familiari con questa convenzione.
Tuttavia, questa scelta non compromette in modo sostanziale la comprensione o la trasmissione dei concetti fondamentali, soprattutto nel contesto informale. In definitiva, l’uso del macron, pur essendo raccomandato, non è un requisito assoluto, ma piuttosto un’opportunità per essere più precisi e rispettosi della lingua giapponese.
Solitamente il Maestro Tada alla fine di ogni lezione usa il termine rensō gyō 連想行 (anche イメージトレーニング dall’inglese “Image Training”) per indicare l’esercizio di rivivere con tutti i sensi le tecniche appena praticate durante la lezione. Più che un esercizio di visualizzazione, si tratta davvero di reiterare l’intera esperienza della pratica appena conclusa. Al 60ennale dell’Aikikai d’Italia invece di “rensō gyō” 連想行 il Maestro ha usato il termine “kansō gyō” 観想行, e mi è stato chiesto se potevo spiegare la differenza tra un termine e l’altro. Non sono a conoscenza di scritti, video o altre fonti in cui il Maestro ne parla in modo esplicito, e non sono un esperto di lingua giapponese, ma cercherò di fare il mio meglio.
Si tratta di ovviamente di due termini che puntano alla stessa cosa, ma da un punto di vista linguistico, il primo dei tre kanji cambia: ren 連 al posto di kan 観 . Il kanji ren 連 in rensō gyō 連想行 ha diverse sfumature di significato, tra cui ‘portare con se’ , ‘andare insieme’. Anche il kanji kan 観 in kansō gyō 観想行 ha varie sfumature a seconda del contesto, ma essenzialmente significa ‘osservare’, ‘contemplare’.
Ma fermarsi a evidenziare questa prima differenza non è sufficiente in quanto sono i primi due kanji di ognuno dei termini che devono essere esaminati insieme e che che ci danno il significato più completo: rensō 連想e kansō 観想 (l’ultimo kanji “gyō” 行 in questo contesto si può tradurre semplicemente con ‘esercizio’). Rensō 連想significa ‘associazione’ mentre kansō 観想 significa ‘meditazione’, ‘contemplazione’, nel senso di ‘concentrare la mente su qualcosa e osservarla approfonditamente’. Quindi la differenza si potrebbe riassumere così: rensō gyō 連想行 = Esercizio di associazione, e kansō gyō 観想行= Esercizio di meditazione/contemplazione. Mentre rensō gyō rimanda ad una tecnica di visualizzazione nel senso più ampio e profondo del termine, kansō gyō da più l’idea di un vero e proprio esercizio di meditazione.
Al di là dell’aspetto puramente linguistico, supponendo che entrambi i termini si riferiscano alla stessa cosa, l’elemento forse più interessante per noi praticanti di aikido è comprendere da dove derivano questi termini.
Quando il Maestro, ad esempio durante i Kinorenma, propone esercizi di visualizzazione o esercizi in cui è necessario ricordare, o meglio rivivere, un’intera giornata dalla mattina alla sera, sta praticando il rensō gyō. Egli ci offre un esempio concreto quando ci racconta di una giornata tipo ai tempi in cui praticava con il Fondatore, iniziando dal momento in cui lasciava la sua casa a Jiyugaoka al mattino, fino a quando saliva sul treno diretto al Dojo Ueshiba, si cambiava nello spogliatoio prima della lezione, e così via.
È molto probabile che l’ambito dal quale questo strumento di visualizzazione trae origine sia la sua esperienza presso il Tempukai del Maestro Tempu Nakamura.
Come detto in precedenza, anche il termine kansō gyō 観想行 deriva dalla pratica spirituale e meditativa giapponese ed è composto da due elementi principali:
L’aspetto che da a questo termine un “sapore” differente rispetto a rensō gyō è che in Giappone, kansō gyō è utilizzato soprattutto nelle pratiche meditative buddhiste, dove viene impiegato appunto per sviluppare la consapevolezza interiore e la visualizzazione. La tecnica consiste nell’immaginare mentalmente un tema o una scena, rievocandolo in modo vivido e dettagliato, al fine di suscitare stati meditativi profondi o comprensioni spirituali. Ad esempio, nel buddhismo esoterico (Mikkyo), il kansō gyō può essere utilizzato per visualizzare divinità o mandala, così da favorire l’identificazione spirituale e la concentrazione.
In attesa di più autorevoli delucidazioni sul tema, al Banyuaiki Dojo useremo questi due termini in modo intercambiabile, come sinonimi.
Colgo l’occasione per una breve riflessione sull’importanza del rensō gyō/kansō gyō che anche noi naturalmente eseguiamo alla fine di ogni lezione al Banyuaiki Dojo. Questo esercizio che il Maestro Tada propone, invita i praticanti a interiorizzare profondamente le tecniche, i movimenti dell’aikido tramite un particolare modo di visualizzare (rivivere), dopo la pratica fisica. Questa ripetizione mentale rafforza la connessione mente-corpo ed è molto utile per vari motivi, tra cui:
1. Approfondire la memoria e l’apprendimento muscolare: La visualizzazione aiuta a rafforzare la memoria muscolare permettendo al cervello di simulare i movimenti senza sforzo fisico. “Rivedendo” mentalmente le tecniche, gli studenti rinforzano le vie neurali, rendendo i movimenti più naturali e fluidi alla prossima esecuzione.
2. Raffinare la tecnica e l’intenzione: Durante l’allenamento, la mente è spesso occupata nel coordinare le azioni del corpo, il che può distogliere dall’intendere gli aspetti più sottili di una tecnica. La visualizzazione permette una contemplazione concentrata sullo scopo, l’energia e l’intenzione dietro ogni movimento, facilitando l’attenzione a dettagli che potrebbero essere sfuggiti.
3. Favorire calma e centratura: La pratica del kansō gyō promuove uno stato meditativo e rilassato, in cui la mente può integrare l’apprendimento della lezione in modo calmo e ricettivo. Questo stato aiuta a passare dall’adrenalina e dall’intensità dell’allenamento a una postura mentale composta e meditativa, in linea con l’enfasi dell’aikido sulla calma, la concentrazione e l’armonizzazione.
4. Costruire fiducia e presenza: per molti, immaginare/visualizzare/rivivere se stessi mentre eseguono tecniche in modo fluido migliora la fiducia in sé e la consapevolezza. Visualizzare se stessi mentre ci si muove con precisione e grazia aiuta la mente a sintonizzarsi su queste qualità anche durante l’allenamento fisico.
Queste pratiche di visualizzazione sono in armonia con l’approccio olistico dell’aikido, che considera mente e corpo profondamente interconnessi. Concludendo una lezione in questo modo, coltiviamo un senso duraturo di tecnica, presenza e concentrazione che va oltre il dojo e si estende alla vita quotidiana.
Tokyo, con la sua vibrante energia e modernità mozzafiato, nasconde un capolavoro di ingegneria sotto i suoi viali e quartieri: il canale di drenaggio sotterraneo esterno dell’area metropolitana (首都圏外郭放水路 shutoken gaikaku hōsuiro). Questo sistema intricato e essenziale non solo protegge la città dalle inondazioni durante le piogge torrenziali, ma rappresenta anche un esempio di come l’innovazione tecnologica possa migliorare la qualità della vita urbana.
La città di Tokyo è situata su una pianura attraversata da cinque turbolenti sistemi fluviali e numerosi fiumi minori che si ingrossano naturalmente in ogni stagione. L’intensa urbanizzazione, la rapida industrializzazione e l’estrazione insostenibile di acqua, che ha causato il cedimento del terreno in alcune aree, hanno aumentato la vulnerabilità della città alle inondazioni.
Una Rete Ingegnosa
Il canale, costato $2 miliardi, si estende per più di 6 km a 50m di profondità, tessendo una rete sotto terra che raccoglie e smaltisce le acque piovane in modo efficiente e sicuro. Costruito per fronteggiare i rischi di allagamenti, il sistema non solo previene danni alla proprietà e interruzioni del traffico, ma protegge anche le vite dei residenti. Situata a Kasukabe, nella prefettura giapponese di Saitama, questa è la più grande infrastruttura sotterranea per il controllo delle inondazioni al mondo.
Tecnologia e Sostenibilità
Ciò che rende questo sistema eccezionale non è solo la sua capacità di gestire grandi volumi d’acqua, ma anche il suo approccio sostenibile. Utilizzando tecniche all’avanguardia e materiali ecocompatibili, il canale non solo migliora la resilienza della città contro i disastri naturali, ma riduce anche l’impatto ambientale delle sue operazioni.
Questo imponente sistema è costituito da enormi silos (sotto Tokyo ce ne sono 27) interconnessi da tunnel sotterranei. Ogni silos è così vasto da poter ospitare la Statua della Libertà al suo interno. Durante le piogge intense, l’acqua viene raccolta nei pozzi e convogliata nel tunnel, per poi essere trasferita in un serbatoio di compensazione e successivamente rilasciata nella baia di Tokyo.
Un Tributo all’Innovazione Giapponese
Il canale di drenaggio è un esempio di come il Giappone stia affrontando le sfide urbane con soluzioni pratiche e intelligenti. Ogni parte di questo sistema è progettata con attenzione ai dettagli, riflettendo l’impegno del Giappone per l’eccellenza ingegneristica e la sicurezza pubblica.
Con il cambiamento climatico che aumenta la frequenza e l’intensità delle piogge, investire in infrastrutture come questa diventa cruciale per proteggere le città moderne e garantire un futuro sostenibile per le generazioni a venire.
Il canale non è solo una testimonianza dell’ingegnosità tecnologica giapponese, ma anche un simbolo di come l’innovazione possa plasmare città più sicure e sostenibili in tutto il mondo.
Siamo felici di annunciare che il Banyuaiki Dojo Roma riaprirà il corso di aikido per ragazzi!
Il corso è rivolto a giovani praticanti di età compresa tra i 10 e i 13 anni (5a elementare-3a media) circa, ed è un’ottima occasione per avvicinarsi all’aikido, un’arte marziale che non solo insegna tecniche di difesa personale, ma promuove anche valori come la disciplina, il rispetto e la crescita personale.
📅 Quando?
Il corso riprenderà a partire da martedì 24 settembre con 2 lezioni a settimana (martedì e giovedì).
📍 Dove?
Presso il nostro dojo, sito in Via Giuseppe Berto 178 – 00142 Roma.
👥 Chi può partecipare?
Tutti i ragazzi e le ragazze dai 10 ai 13 anni circa, sia principianti che con esperienza precedente, sono benvenuti.
Per ulteriori informazioni e per la lezione di prova, contattateci: info@banyuaiki.it, cell. 3335239318, o visitate la pagina dedicata: corso ragazzi.
Vi aspettiamo sul tatami per una nuova stagione di apprendimento e divertimento!
Siamo pronti per una nuova stagione di aikido al Banyuaiki Dojo Roma! 🥋
A partire da lunedì 16 settembre, riprenderanno le lezioni del corso adulti. Quest’anno, oltre ai soliti giorni di allenamento abbiamo una grande novità: si aggiunge una lezione anche il martedì dalle 20:00 alle 21:00.
📅 Giorni e Orari:
– Lunedì: 20:00 – 21:30
– Martedì: 20:00 – 21:00 (nuovo!)
– Mercoledì: 20:00 – 21:30
– Venerdì: 20:00 – 21:30
Inoltre, è previsto un sabato al mese un intensivo di 4 ore, 2 la mattina, 2 il pomeriggio!
Da settembre porteremo a Firenze, Coverciano, la passione e l’esperienza quasi ventennale del Banyuaiki Dojo di Roma, nel solco degli insegnamenti del Maestro Tada Hiroshi. Il corso è aperto a tutti dai 15 anni in su.
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