19 Feb

Oltre il Conflitto: l’Incontro di Paola con l’Aikido

Paola fissava l’orologio appeso sopra la cattedra. Le lancette sembravano incollate, come se il tempo stesso si rifiutasse di scorrere. L’ultimo rintocco della campanella era l’unica cosa che desiderava. Solo altri dieci minuti e quella mattinata infinita sarebbe finalmente terminata.

Quando il professore annunciò che sarebbero andati in palestra per una “lezione speciale di aikidō,” Paola sbuffò tra sé. Un’altra perdita di tempo. Forse, però, sarebbe riuscita a nascondersi in qualche angolo e a scorrere i video sul telefono senza che nessuno lo notasse.

Mentre attraversavano il cortile, Paola guardò gli altri studenti. Qualcuno sembrava vagamente interessato, altri erano annoiati quanto lei. “Che ci andiamo a fare su un tatami?” pensò con una smorfia. “Queste cose sono per i bambini o per gli esaltati.”

La palestra era stata trasformata: morbidi tatami ricoprivano il pavimento, creando uno spazio ordinato e pulito. Al centro, un uomo sulla cinquantina li aspettava in seduto sui talloni, con la schiena dritta e gli occhi chiusi. Si percepiva un silenzio strano, quasi sacro. Paola si sentì a disagio, come se avesse varcato la soglia di un mondo diverso.

L’uomo aprì gli occhi e li salutò con un sorriso. “Io sono Nicola, e oggi faremo un po’ di aikidō insieme.” La sua voce era calma, senza traccia di autorità o superiorità. Non c’era quella tensione che Paola sentiva sempre in classe o a casa.

“Allora, cos’è questo aikidō?” borbottò un compagno in fondo al gruppo. Il maestro rispose senza esitazione: “L’aikidō è l’arte di armonizzare il conflitto. Qui non ci sono avversari, solo compagni di allenamento.”

Paola alzò un sopracciglio. Niente avversari? Allora che senso aveva? Non disse nulla, ma la diffidenza le si dipinse sul volto.

Iniziarono con alcune respirazioni, un pò di stretching, poi movimenti semplici del corpo, seguiti da esercizi per cadere senza farsi male. Paola si mosse goffamente, irrigidita dall’imbarazzo. Si sentiva osservata, giudicata. Aveva paura di fare una figuraccia. Ma Nicola passava tra di loro con pazienza, mostrando come rilassare il corpo, come lasciare che la caduta diventasse un rotolare naturale.

Poi venne il momento delle tecniche. Nicola mostrò un movimento fluido, elegante, che trasformava un attacco in un vortice controllato. Non c’era violenza, solo armonia. Paola lo osservò incredula. Come faceva a muoversi così? Sembrava danzare, senza mai opporsi alla forza dell’altro. “Non contrastate il movimento,” spiegava. “Accoglietelo e lasciatelo scorrere.”

“Proviamo insieme,” disse Nicola, scegliendo Paola come partner. Quando la prese per il polso, Paola istintivamente si irrigidì. Era abituata a reagire con forza, a combattere contro ogni cosa, ogni giorno: a casa, per farsi ascoltare; a scuola, per non farsi mettere i piedi in testa. E nel quartiere, a Tor Bella Monaca, dove mostrarsi deboli significava diventare una facile preda.

Nicola sorrise. “Rilassati. Non sto cercando di farti del male. Segui solo il movimento.” La sua presa era salda ma gentile, un paradosso che sconcertò Paola. Provò a resistere, ma sentì il proprio equilibrio svanire come sabbia tra le dita. In un attimo si ritrovò a terra, senza capire come ci fosse finita. Si alzò, arrossendo. Gli altri stavano ridendo? No. Erano troppo concentrati a provare la tecnica per fare caso a lei.

Ripeterono l’esercizio più volte. Ogni volta Paola capiva qualcosa di nuovo: la forza non serviva, bastava ascoltare il movimento. C’era qualcosa di ipnotico in quel fluire continuo. Si sorprese a sorridere quando finalmente riuscì a eseguire la tecnica senza opporre resistenza. Per un istante, sentì una leggerezza sconosciuta.

Quando la lezione terminò, Nicola li invitò a sedersi in cerchio. “L’aikido non è solo una serie di tecniche,” spiegò. “È un modo di affrontare i conflitti senza violenza, trovando un equilibrio. Nella vita, come sul tatami.”

Paola rimase in silenzio, ma quelle parole la colpirono come un’onda improvvisa. A casa, i conflitti non avevano mai equilibrio. Era tutto un gridare, un sopraffarsi. A scuola, le cose non andavano meglio, e nel quartiere era ancora peggio. Eppure, su quel tatami, per la prima volta, aveva sentito di potersi muovere senza combattere. Di poter esistere senza opporsi.

Uscì dalla palestra con un misto di stupore e leggerezza. Fuori, il grigiore dei palazzi di Tor Bella Monaca sembrava meno opprimente. L’eco delle parole di Nicola la accompagnò per tutto il tragitto verso casa.

Forse avrebbe partecipato anche alla prossima lezione. Forse, dopotutto, c’era un altro modo di affrontare la vita.


foto di gruppo: Il Maestro Marco La Pera con alcuni dei ragazzi che hanno partecipato alle lezioni di aikidō. Istituto Pertini Falcone, Febbraio 2025

Questo racconto è stato ispirato dal ciclo di lezioni di aikidō che ho tenuto presso l’Istituto Pertini Falcone, in occasione della settimana di co-gestione dal 14 al 18 febbraio 2025. Ho accolto l’invito con grande entusiasmo, consapevole dell’importanza di portare verosimilmente per la prima volta i valori dell’aikidō a ragazzi in una fascia di età (14 – 18 anni) e in un contesto significativo.

Nelle grandi palestre dell’istituto ho incontrato ragazzi curiosi, attenti e  interessati a comprendere l’essenza di questa disciplina.

Le lezioni cominciavano con il saluto formale seguito da brevi tecniche di respirazione e concentrazione, per poi passare alla pratica dell’aikidō. Le tecniche proposte erano un veicolo per trasmettere il concetto che esse non sono solo un metodo efficace di difesa personale, ma soprattutto un modo per imparare a mantenere un equilibrio psico-fisico anche in una dinamica di conflitto.

Sono rimasto profondamente colpito dall’attenzione e dall’apertura con cui i ragazzi e le ragazze hanno accolto questi concetti. I commenti di alcuni di loro a fine lezione hanno ispirato questo breve racconto, che dedico a tutti i ragazzi che stanno attraversando un momento difficile.

In un quartiere che affronta le sfide tipiche delle periferie delle grandi città, l’aikidō può rappresentare un’opportunità di crescita personale e una via per esplorare soluzioni non violente ai conflitti quotidiani.

Sono sicuro che progetti simili sarebbero accolti con lo stesso interesse in altre scuole superiori.

Un sincero ringraziamento all’Istituto Pertini Falcone per l’accoglienza e ai ragazzi per l’entusiasmo dimostrato.

26 Gen

Digitare i caratteri con il macron: Guida Pratica

Un macron è un segno diacritico ( ¯ ) posizionato sopra una vocale, utilizzato principalmente per indicare la lunghezza della vocale.

Sapere come digitare su PC i caratteri con il macron è importante principalmente per la corretta traslitterazione dei termini giapponesi. Il sistema Hepburn di romanizzazione del giapponese infatti prevede l’uso del macron (マクロン, makuron) per le vocali lunghe. I caratteri con macron (ad esempio, ō o ū) possono cambiare il significato delle parole.

Ad esempio:

dōjō (道場) significa “luogo della via” ed è diverso da per esempio da “dojō” (土壌), che significa “suolo, terra, terreno”.

kōtsū (交通) significa “traffico”, mentre kotsu (骨) significa “osso” (in uso figurato anche “trucco, abilità nascosta”), e così via.

Di fatto la cosa si complica ulteriormente perché le variabili possono essere numerose se pensiamo che per esempio “dojō” con la prima vocale corta potrebbe riferirsi a vari altri termini oltre a “suolo” a seconda dei kanji , ma per il momento semplifichiamo.

Digitare le vocali dei caratteri macron può essere una sfida se non si ha familiarità con i vari metodi disponibili. Le vocali macron sono usate in molte lingue, oltre al giapponese, per indicare un suono vocalico lungo. In questa guida, esploreremo diversi modi per digitare le vocali macron su vari dispositivi e sistemi operativi.

Utilizzo delle scorciatoie da tastiera

Windows

Per digitare le vocali macron su Windows, puoi utilizzare le seguenti scorciatoie da tastiera:

  • Ā: premi Alt + 0256 (sul tastierino numerico)
  • ā: premi Alt + 0257 (sul tastierino numerico)
  • Ē: premi Alt + 0274 (sul tastierino numerico)
  • ē: premi Alt + 0275 (sul tastierino numerico)
  • Ī: premi Alt + 0298 (sul tastierino numerico)
  • ī: premi Alt + 0299 (sul tastierino numerico)
  • Ō: premi Alt + 0332 (sul tastierino numerico)
  • ō: premi Alt + 0333 (sul tastierino numerico)
  • Ū: premi Alt + 0362 (sul tastierino numerico)
  • ū: premi Alt + 0363 (sul tastierino numerico)

N.B. Il tasto Alt va tenuto premuto mentre si digitano i codici numerici

Mac

Digitare le vocali macron su un Mac è semplice: tenete premuta la vocale, apparirà una lista pop-up, digitare il numero corrispondente alla vocale con macron desiderata.

Utilizzo della mappa caratteri

Windows

La mappa dei caratteri è uno strumento utile per inserire le vocali macron. Segui questi passaggi:

  • Apri la mappa dei caratteri digitando “Mappa dei caratteri” nella casella di ricerca del menù del tasto Start.
  • Trova la vocale macron di cui hai bisogno (ad esempio, Ā, ā, Ē, ē, Ī, ī, Ō, ō, Ū, ū).
  • Fai clic sul carattere desiderato e seleziona “Copia”.
  • Incolla il carattere nel documento.

Mac

Il Visore Tastiera su Mac ti consente di inserire facilmente le vocali macron:

  • Per visualizzare i tasti che devi premere, apri il visore tastiera, quindi premi uno o più tasti modificatori (come Opzione e Maiusc). Un bordo arancione viene visualizzato intorno ai tasti morti che puoi usare per inserire i segni diacritici.
  • Cerca la vocale macron di cui hai bisogno.
  • Fai doppio clic sul carattere per inserirlo nel documento.

N.B.: Se non vedi il menu Tastiera nella barra dei menu, seleziona menu Apple > Impostazioni di Sistema, quindi fai clic su Tastiera nella barra laterale. Potrebbe essere necessario scorrere verso il basso. Vai su “Immetti testo”, sulla destra, fai clic su Modifica, quindi attiva “Mostra menu Tastiera nella barra dei menu”.

Utilizzo dell’input Unicode

L’input Unicode è un metodo universale che funziona su varie piattaforme. Ecco alcuni esempi (Windows):

  • Ā: Digita 0100 e premi Alt + X.
  • ā: Digita 0101 e premi Alt + X.
  • Ē: digita 0112 e premi Alt + X.
  • ē: Digita 0113 e premi Alt + X.
  • Ī: Digita 012A e premi Alt + X.
  • ī: Digita 012B e premi Alt + X.
  • Ō: Digita 014C e premi Alt + X.
  • ō: Digita 014D e premi Alt + X.
  • Ū: Digita 016A e premi Alt + X.
  • ū: Digita 016B e premi Alt + X.

Utilizzo di dispositivi mobili

La digitazione delle vocali macron sui dispositivi mobili può essere eseguita utilizzando semplici passaggi:

iOS

  • Tieni premuto il tasto vocalico corrispondente (ad esempio, A, E, I, O, U).
  • Apparirà un menu a comparsa con caratteri accentati.
  • Fai scorrere il dito sulla vocale macron e rilascia.

Android

  • Tieni premuto il tasto vocalico corrispondente (ad esempio, A, E, I, O, U).
  • Apparirà un menu a comparsa con caratteri accentati.
  • Fai scorrere il dito sulla vocale macron e rilascia.

 UnicodeHex Unicodehex
ĀU+0100ĀāU+0101ā
ĒU+0112ĒēU+0113ē
ĪU+012AĪīU+012Bī
ŌU+014CŌōU+014Dō
ŪU+016AŪūU+016Bū
Tabella dei codici Unicode e hex per i caratteri con macron

Un compromesso pratico

Sebbene sia preferibile utilizzare il macron per rispettare la corretta traslitterazione, è ancora comune vedere testi senza macron, anche in contesti ufficiali o accademici (e anche in vecchi articoli sul nostro sito). Questo accade per motivi pratici, come la difficoltà di digitare i caratteri con macron su tastiere standard. Inoltre, altri articoli o documenti potrebbero essere stati redatti senza macron per semplicità o per adattarsi a lettori che non sono familiari con questa convenzione.

Tuttavia, questa scelta non compromette in modo sostanziale la comprensione o la trasmissione dei concetti fondamentali, soprattutto nel contesto informale. In definitiva, l’uso del macron, pur essendo raccomandato, non è un requisito assoluto, ma piuttosto un’opportunità per essere più precisi e rispettosi della lingua giapponese.

14 Nov

Rensō gyō 連想行 e kansō gyō” 観想行, quali sono le differenze?

Solitamente il Maestro Tada alla fine di ogni lezione usa il termine rensō gyō 連想行 (anche イメージトレーニング dall’inglese “Image Training”) per indicare l’esercizio di rivivere con tutti i sensi le tecniche appena praticate durante la lezione. Più che un esercizio di visualizzazione, si tratta davvero di reiterare l’intera esperienza della pratica appena conclusa. Al 60ennale dell’Aikikai d’Italia invece di “rensō gyō” 連想行 il Maestro ha usato il termine  “kansō gyō” 観想行, e mi è stato chiesto se potevo spiegare la differenza tra un termine e l’altro. Non sono a conoscenza di scritti, video o altre fonti in cui il Maestro ne parla in modo esplicito, e non sono un esperto di lingua giapponese, ma cercherò di fare il mio meglio.

Si tratta di ovviamente di due termini che puntano alla stessa cosa, ma da un punto di vista linguistico, il primo dei tre kanji cambia: ren 連 al posto di kan 観 . Il kanji ren 連 in rensō gyō 連想行 ha diverse sfumature di significato, tra cui ‘portare con se’ , ‘andare insieme’. Anche il kanji kan 観 in kansō gyō 観想行 ha varie sfumature a seconda del contesto, ma essenzialmente significa ‘osservare’, ‘contemplare’.

Ma fermarsi a evidenziare questa prima differenza non è sufficiente in quanto sono i primi due kanji di ognuno dei termini che devono essere esaminati insieme e che che ci danno il significato più completo: rensō 連想e kansō 観想 (l’ultimo kanji “gyō” 行 in questo contesto si può tradurre semplicemente con ‘esercizio’). Rensō 連想significa ‘associazione’ mentre kansō 観想 significa ‘meditazione’, ‘contemplazione’, nel senso di ‘concentrare la mente su qualcosa e osservarla approfonditamente’. Quindi la differenza si potrebbe riassumere così:  rensō gyō 連想行 = Esercizio di associazione, e kansō gyō 観想行= Esercizio di meditazione/contemplazione. Mentre rensō gyō rimanda ad una tecnica di visualizzazione nel senso più ampio e profondo del termine, kansō gyō da più l’idea di un vero e proprio esercizio di meditazione.

Al di là dell’aspetto puramente linguistico, supponendo che entrambi i termini si riferiscano alla stessa cosa, l’elemento forse più interessante per noi praticanti di aikido è comprendere da dove derivano questi termini.

Quando il Maestro, ad esempio durante i Kinorenma, propone esercizi di visualizzazione o esercizi in cui è necessario ricordare, o meglio rivivere, un’intera giornata dalla mattina alla sera, sta praticando il rensō gyō. Egli ci offre un esempio concreto quando ci racconta di una giornata tipo ai tempi in cui praticava con il Fondatore, iniziando dal momento in cui lasciava la sua casa a Jiyugaoka al mattino, fino a quando saliva sul treno diretto al Dojo Ueshiba, si cambiava nello spogliatoio prima della lezione, e così via.

È molto probabile che l’ambito dal quale questo strumento di visualizzazione trae origine sia la sua esperienza presso il Tempukai del Maestro Tempu Nakamura.

Come detto in precedenza, anche il termine kansō gyō 観想行 deriva dalla pratica spirituale e meditativa giapponese ed è composto da due elementi principali:

  1. 観想 (kansō): significa “contemplazione” o “visualizzazione mentale” e si riferisce a una forma di meditazione in cui ci si concentra intensamente su un’immagine, un’idea o un pensiero.
  2. 行 (gyō): indica “pratica”, “azione” o “cammino”, spesso utilizzato in contesti di pratica ascetica o spirituale.

L’aspetto che da a questo termine un “sapore” differente rispetto a rensō gyō è che in Giappone, kansō gyō è utilizzato soprattutto nelle pratiche meditative buddhiste, dove viene impiegato appunto per sviluppare la consapevolezza interiore e la visualizzazione. La tecnica consiste nell’immaginare mentalmente un tema o una scena, rievocandolo in modo vivido e dettagliato, al fine di suscitare stati meditativi profondi o comprensioni spirituali. Ad esempio, nel buddhismo esoterico (Mikkyo), il kansō gyō può essere utilizzato per visualizzare divinità o mandala, così da favorire l’identificazione spirituale e la concentrazione.

In attesa di più autorevoli delucidazioni sul tema, al Banyuaiki Dojo useremo questi due termini in modo intercambiabile, come sinonimi.

Colgo l’occasione per una breve riflessione sull’importanza del rensō gyō/kansō gyō che anche noi naturalmente eseguiamo alla fine di ogni lezione al Banyuaiki Dojo. Questo esercizio che il Maestro Tada propone, invita i praticanti a interiorizzare profondamente le tecniche, i movimenti dell’aikido tramite un particolare modo di visualizzare (rivivere), dopo la pratica fisica. Questa ripetizione mentale rafforza la connessione mente-corpo ed è molto utile per vari motivi, tra cui:

1. Approfondire la memoria e l’apprendimento muscolare: La visualizzazione aiuta a rafforzare la memoria muscolare permettendo al cervello di simulare i movimenti senza sforzo fisico. “Rivedendo” mentalmente le tecniche, gli studenti rinforzano le vie neurali, rendendo i movimenti più naturali e fluidi alla prossima esecuzione.

2. Raffinare la tecnica e l’intenzione: Durante l’allenamento, la mente è spesso occupata nel coordinare le azioni del corpo, il che può distogliere dall’intendere gli aspetti più sottili di una tecnica. La visualizzazione permette una contemplazione concentrata sullo scopo, l’energia e l’intenzione dietro ogni movimento, facilitando l’attenzione a dettagli che potrebbero essere sfuggiti.

3. Favorire calma e centratura: La pratica del kansō gyō promuove uno stato meditativo e rilassato, in cui la mente può integrare l’apprendimento della lezione in modo calmo e ricettivo. Questo stato aiuta a passare dall’adrenalina e dall’intensità dell’allenamento a una postura mentale composta e meditativa, in linea con l’enfasi dell’aikido sulla calma, la concentrazione e l’armonizzazione.

4. Costruire fiducia e presenza: per molti, immaginare/visualizzare/rivivere se stessi mentre eseguono tecniche in modo fluido migliora la fiducia in sé e la consapevolezza. Visualizzare se stessi mentre ci si muove con precisione e grazia aiuta la mente a sintonizzarsi su queste qualità anche durante l’allenamento fisico.

Queste pratiche di visualizzazione sono in armonia con l’approccio olistico dell’aikido, che considera mente e corpo profondamente interconnessi. Concludendo una lezione in questo modo, coltiviamo un senso duraturo di tecnica, presenza e concentrazione che va oltre il dojo e si estende alla vita quotidiana.

30 Mar

Ciao Elsa

Elsa Peretti (photo by Carola Polakov)

Il Banyuaiki Dojo porge sentite condoglianze e ricorda con immensa stima e affetto Elsa Peretti scomparsa il 18 Marzo 2021. Una Donna di straordinaria generosità, filantropa, designer di gioielli di fama mondiale.

La Nando and Elsa Peretti Foundation, di cui era Presidente, finanziò nel 2014 il progetto “Aikido per ragazzi” proposto dall’Associazione Culturale Aikido Banyuaiki Dojo Roma, che consisteva in un corso di aikido di un anno completamente gratuito per 15 ragazzi/e delle medie, in uno dei quartieri più difficili della capitale, come mezzo di prevenzione del disagio sociale.

Il suo esempio di persona libera, forte e coraggiosa è per noi una stella polare da seguire, e che non dimenticheremo mai.

30 Mar

Ciao Elsa (eng)

Elsa Peretti (photo by Carola Polakov)

Aikido Banyuaiki Dojo wishes to express deepest sorrow for Elsa Peretti’s passing on March 18th 2021. She will be remembered by us with the highest esteem and affection as a woman of extraordinary generosity, philanthropist, and world-famous designer.

The Nando and Elsa Peretti Foundation, which she founded, awarded a grant to our Association in 2014 for a project called “Aikido for kids”, which provided for a one-year aikido course completely free for young people who lived in one of the most difficult neighborhoods of Rome, as a way to alleviate social distress.

Her example as a free, strong and brave person is a legacy that shall inspire us forever.

Thank you Elsa!

02 Mag

attività a distanza del Banyuaiki Dojo in tempo di quarantena

Il Banyuaiki Dojo è attivo sin dall’inizio della quarantena con alcuni appuntamenti fissi:

  1. la meditazione di gruppo da remoto, senza video-chiamata, tre volte a settimana, nei giorni della pratica ordinaria (lunedì, mercoledì e venerdì ore 20:00);
  2. meditazione di gruppo da remoto in video chiamata su piattaforma Zoom, una volta a settimana (il sabato ore 10);
  3. un incontro di Dinamica Relazionale in video-chiamata (“teleDR”) su piattaforma Zoom, una volta a settimana (la domenica ore 16).

Sono stati inoltre prodotti e resi disponibili agli allievi alcuni video per agevolare la pratica soli individuale che hanno per oggetto:

  1. l’intero kokyu normalmente proposto al dojo:
    • Rokuon no kokyu nelle tre forme: con suono, metà con suono e metà con vibrazione mentale, solo con vibrazione mentale;
    • A-UN no kokyu;
    • Kokyu awase;
    • Kokyu-sō-ren;
    • 3 forme base di esercizi del ki-no-renma che il M° Tada ha definito particolarmente utili da eseguire ad ogni lezione;
    • esercizi vari di integrazione mente-corpo derivati dal ki-no-renma;
  2. l’intero Taiso proposto all’inizio di ogni lezione al dojo;
  3. esempi di uso del neribo;
  4. Ashi-sabaki, tutti come da didattica Aikikai d’Italia;
  5. Jo, bokken: esercizi vari.
02 Mag

supporto del gruppo DR nei tempi della pandemia

Quest’anno il Banyuaiki Dojo ha compiuto 15 anni e il lavoro di Dinamica Relazionale (DR) ne ha compiuti ben 10. Sebbene non sia stato ancora realizzato uno studio strutturato sugli effetti della Dinamica Relazionale, i risultati tangibili riscontrati e riferiti dai partecipanti consentono di affermare che la DR non solo sostiene il praticante nel suo percorso aikidoistico, ma, cosa forse più significativa, favorisce lo sviluppo di una maggiore consapevolezza di sé e dell’altro nella vita.Come abbiamo spiegato in diversi articoli e post, l’elemento fondamentale che unisce la DR e l’aikido è la trasformazione, la metabolizzazione, se vogliamo, del conflitto, inteso non solo nella dinamica attacco/difesa propria del confronto marziale, ma anche di tutto ciò che in noi, nella nostra esperienza pratica di vita reale, provoca attrito. La DR è infatti uno spazio riservato alla conoscenza di sé e delle relazioni con gli altri, uno strumento per aumentare la consapevolezza individuale e relazionale. Il confronto di gruppo non è certo prerogativa esclusiva delle psicoterapie, anche se qualcuno potrebbe pensare subito alla DR come ad una pratica psicoterapeutica di matrice sistemico-relazionale. La DR è un appuntamento di confronto fra praticanti di aikido e, nell’esperienza di chi vi partecipa da lungo tempo, promuove crescita personale e relazionale che si traducono in miglioramenti significativi della pratica dell’aikido, in particolar modo declinato nella forma del Tada-juku, l’insegnamento del Maestro Tada. Questo lavoro è stato pensato per svolgersi naturalmente “dal vivo” e dal vivo la DR si è effettivamente svolta per un decennio; la quarantena ci ha tuttavia costretti a ridefinire le modalità di incontro e, pur nella consapevolezza che il confronto possibile attraverso una piattaforma digitale è un surrogato del confronto in presenza, abbiamo salvaguardato l’opportunità di mantenere attivo il percorso di crescita soprattutto mentre siamo sottoposti ai disagi causati dalla pandemia covid-19. Abbiamo quindi superato ogni esitazione e la “teleDR”, in quarantena e a distanza, si è rivelata tanto efficace e importante da far svanire ogni perplessità e diventare, in modo spontaneo, un appuntamento settimanale invece che mensile, un momento ancor più decisivo di centratura, di riflessione, di lavoro, dedicato a custodire, per quanto possibile, il benessere interiore minacciato dalle circostanze contingenti. Dopo un mese e mezzo di teleDR, in questa giornata del primo maggio, il gruppo ha maturato una decisione forte, diremmo ambiziosa, quella di aprire le porte della DR ad altri, mettendo a disposizione, gratuitamente per questo mese – che sarà ancora fortemente condizionato dalla pandemia e dai suoi disagi – un incontro settimanale aperto a chiunque senta la necessità di portare le proprie difficoltà e il proprio vissuto a confronto con il gruppo, indipendentemente dalla pratica di aikido maturata. Chi lo desidera, quindi, chi immagina di poter trarre beneficio dal supporto di un gruppo che da anni lavora per trasformare il conflitto, la sofferenza e il disagio interiore e portare non solo sul tatami ma nella propria vita una crescente consapevolezza, può contare su di noi, partecipando, per questo mese di maggio, a sessioni settimanali gratuite di teleDR, pensate specificamente per l’emergenza che stiamo attraversando. Per contattarci e avere informazioni di dettaglio sulla pratica e sulle modalità di partecipazione è sufficiente mandare una email a Marco La Pera, marco@banyuaiki.it; sarete prontamente ricontattati.

27 Mar

il silenzio che cura

Chi ama l’aikido in questo periodo parla e agisce con grande cautela. Non utilizza frasi e aforismi di grandi maestri per dare una qualche parvenza di dignità a un disagio assolutamente personale che forse andrebbe visto, elaborato e risolto con un buon psicoterapeuta. Chi ama l’aikido in questi giorni di paure e mostri invisibili degni delle migliori fiabe per bambini si comporta da uomo: rimane in contatto con l’inevitabile disagio dato dal dover stare fermi, senza scaricare questo disagio su altri: persone intorno a lui in carne ed ossa o sul digitale. Chi ama l’aikido oggi soffre ma non lascia che questa sofferenza produca pensieri parole e azioni disturbate e disturbanti.
Chi veramente ama l’aikido è, in questo periodo, un punto di riferimento. Che abbia o meno un Ruolo Importante (come direbbe con le iniziali maiuscole il grande filosofo Winnie the Pooh) non importa.
Sa che c’è chi in questo momento è disperato. Disperato veramente non come nei film che poi tutto va bene.
Chi ama l’aikido oggi se parla crea silenzio e se rimane silenzioso lo fa in modo compassionevole. Il suo silenzio lo sente anche la galassia più lontana ora. Lo sente ogni bambino che ora non ha nessuno che possa accogliere il proprio pianto perché i grandi ora hanno Troppo Da Fare e devono-assolutamente-sentire-il-telegiornale.
Il silenzio del vero ricercatore dell’aiki ora è un oasi nel deserto. Che questo silenzio avvolga le sofferenza e lenisca i dolori più strazianti ovunque.

27 Feb

Passato, presente, futuro

Chi ha vissuto e praticato aikido in Giappone per un periodo di tempo significativo sa quanto sia stato importante e quanto lo abbia aiutato l’aver fatto esperienza dell’humus culturale dal quale l’aikido è nato per meglio comprendere alcuni aspetti della pratica.
Al giorno d’oggi è relativamente facile recarsi in Giappone – tempo e risorse permettendo naturalmente. Ma se torniamo per un attimo all’alba della sua diffusione in tutto il mondo non possiamo non provare un sentimento di gratitudine nei confronti dei pionieri non giapponesi di questa disciplina. Possiamo solo vagamente immaginare dai loro racconti l’enorme sforzo che devono aver compiuto. A loro il merito di aver per primi operato la prima, iniziale sgrossatura, la prima digestione e metabolizzazione di un qualcosa che, per quanto riguarda l’Italia dei primi anni sessanta, doveva essere non troppo dissimile a fantascienza applicata.
Mi raccontava uno di questi proto-aikidoisti di Roma, che per quanto si sforzasse di spiegare al padre che il Maestro Tada non era cinese ma giapponese, non c’era proprio verso, per il papà lui andava “dar cinese”! D’altra parte non dimentichiamo che il primo non giapponese ad essere allievo di O-Sensei fu l’italiano Salvatore Mergè, personaggio nel quale si fuse la pratica dell’aiki con un certo tipo di esoterismo di matrice occidentale.
Quanto tempo e quante cose sono successe da quei primi tentativi, quanto furore, quanta passione, e in alcuni casi quanto eroismo!
Intorno al Maestro Tada, e sotto le ali di un volo di pura magia, sono cresciute ormai più di una “generazione” di praticanti.
Lungo questa grande strada si faranno altri tentativi, si commetteranno inevitabilmente errori, che chi viene dopo potrà, se vorrà, utilizzare per la propria ricerca personale. Auguro a tutti noi praticanti di questa Via di attingere dal passato l’ispirazione, per vivere un presente pieno di intensità ed ampiezza, custodendo nel cuore l’aspirazione a conseguire ciò che di più alto cerchiamo. Se la ricerca sarà sincera, la tradizione sarà sempre viva perché sempre nuova. Buona pratica!

25 Feb

Trasformare il conflitto

Ci alleniamo quotidianamente anno dopo anno sul tatami e approfondiamo quei principi base che sono le radici del fare aiki. Acquisiamo con sempre maggiore profondità una padronanza del movimento e di quella attitudine mentale che ci permetterà di poter decidere liberamente la risoluzione del conflitto, simboleggiato dalle polarità tori/uke, attacco/difesa.

Nel dojo il lavoro è inevitabilmente relazionale e il conflitto, inteso come attacco da gestire, risolvere e superare, è insito nella natura stessa dell’allenamento. Sebbene il fine dell’allenamento non si limiti allo sviluppo di tecniche marziali, e un sistema di meditazione completo quale il Tada Juku ci permette di lavorare da subito su corpo, mente ed energia contemporaneamente, indubbiamente si parte dal corpo, si lavora sul corpo ed il nostro corpo sarà la pietra grezza da sgrossare lungo tutto il nostro percorso aikidoistico.

Ma quando vogliamo agire la trasposizione delle conoscenza acquisita nell’aikido, al livello della dinamica interpersonale ovvero in tutte quelle sfumature di rapporto che vanno dal sereno comunicare alla più violenta e prevaricante aggressione verbale, quegli stessi strumenti, quella conoscenza esperienziale che abbiamo con fatica fatto nostra sul tatami rimane spesso assopita, indisponibile, quasi introvabile, come se ci fosse il bisogno di un certo tipo di attivazione e di traduzione (nel senso etimologico di trans ducere) perché essa divenga utile, fruibile ed efficace anche ad un livello che è essenzialmente mentale ed emotivo.

Non è difficile, una volta acquisita una certa esperienza di pratica, intuire quali sono i blocchi, le tensioni, gli squilibri sui quali dobbiamo lavorare per perfezionarci nel fare aiki con il corpo. Con continuità e costanza, il processo di miglioramento tecnico è solitamente naturale: l’avanzamento è graduale ma è visibile e tangibile.

Miglioriamo dunque la tecnica progressivamente, e gli esami di passaggio di grado dovrebbero esserne la testimonianza. Ma a livello mentale/emotivo, nella gestione del conflitto nella vita di tutti i giorni fuori dal tatami, è così automatico e scontato un conseguente e parallelo miglioramento? La risposta è, semplicemente, no. Possiamo aver raggiunto il 6° dan di aikido, ma nella relazione con l’altro o anche nella gestione interna dell’inevitabile attrito che nasce dal gioco delle polarità di cui è composto l’esistente, è possibile essere rimasti un 6° kyu.

Vedere i blocchi, le tensioni non necessarie, e tutto ciò che limita la nostra capacità di esprimere noi stessi e di rimanere centrati e neutrali nel confronto con l’altro – ma anche con noi stessi – è uno degli scopi fondamentali della Dinamica Relazionale. Si tratta di un lavoro di gruppo che da un punto di vista metodologico ha molte assonanze con alcune moderne tecniche di psicoterapia di matrice sistemico-relazionale, specificamente pensato per funzionare in sinergia con la tradizionale pratica dell’aikido. È importante sottolineare che non si rivolge a persone con disturbi mentali: non è una psicoterapia di gruppo. È anche importante evidenziare il fatto che questo corso è assolutamente facoltativo: si può benissimo frequentare solamente il corso di aikido. E naturalmente non è un’alternativa al corso di aikido ma un lavoro che mira a completare la ricerca di sé includendo il piano psichico.

Il comune denominatore tra la lezione di aikido e la Dinamica Relazionale si chiama “trasformare il conflitto”. Il fine più elevato di entrambi questi ambiti è la ricerca personale, quel percorso interiore che mira ad aumentare la consapevolezza di sé e conseguire uno stato di maggiore benessere. L’antico “conoscere se stessi” è dunque la stella polare che orienta il lavoro sinergico di aikido e dinamica relazionale proposti dalla nostra Associazione.